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Crisi d’impresa: cause, novità e ultimi aggiornamenti

Prevenire una crisi d’impresa è possibile con la cultura e gli strumenti giusti e non ultimi, con gli interventi del legislatore.

crisi d'impresa

Una crisi d’impresa è tale quando i flussi di cassa prospettici sono inadeguati rispetto alle obbligazioni pianificate. Lo stato di crisi, più in generale, corrisponde a difficoltà economiche e finanziarie che impediscono ad un debitore di soddisfare le proprie insolvenze. Di fatto, le imprese in salute sono quelle che hanno uno stile di gestione orientato al futuro dove il flusso reddituale è in grado di coprire i flussi d’investimento e di finanziamento con una gestione altrettanto salutare della liquidità aziendale. Un concetto di solidità, quest’ultimo, che oltre ad essere espressione di una buona prassi nella gestione sia economica che finanziaria della propria realtà imprenditoriale è anche oggetto delle attenzioni del legislatore nel definire il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Codice che, dopo una serie di rinvii, entra in vigore il 15 luglio di quest’anno.

Crisi d’impresa tra cause e responsabilità

Durante la pandemia, le imprese italiane hanno subito un calo del fatturato del 68,4% (dati Istat). Tra queste il 45,6% ha avuto riduzioni che oscillavano tra il 10% e il 50%, il 13,6% di oltre il 50% e solo il 9,2% di meno del 10%. Il 37,5% ha richiesto un sostegno pubblico per la liquidità e il credito. Il denaro a debito ha permesso a tanti di affrontare un evento così devastante come quello generato dall’emergenza sanitaria. Nonostante questo, è fondamentale ricordare che qualunque sostegno se viene utilizzato male, può determinare uno stato di crisi per l’azienda.
Non è insolito, infatti, che tamponare una criticità limitandosi solo ad un finanziamento a cui non fa seguito un adeguato sistema di controllo, gestione e pianificazione può diventare l’inizio di una crisi d’impresa. Molti imprenditori, purtroppo, non utilizzano strumenti per comprendere il quadro completo dell’andamento aziendale. Non utilizzano neppure i dati e le informazioni per intervenire prima che una situazione precipiti con conseguenze spesso gravi. La crisi può tradursi in carenze sul piano dei flussi finanziari sotto forma di crisi di liquidità, difficoltà nell’accesso al credito e perdita di fiducia degli stakeholder.
Nei casi più gravi diventa insolvenza, ovvero incapacità di soddisfare regolarmente le obbligazioni, e dissesto o squilibrio patrimoniale. 
Gli squilibri finanziari dipendono da debiti soprattutto nel breve termine rispetto al medio o lungo termine oppure dalla mancata correlazione tra investimenti duraturi e finanziamenti stabili; oltre, naturalmente, dalla scarsa liquidità e incapacità di contrattare le condizioni di credito e, nei casi più gravi, dalle difficoltà nei pagamenti.

Le novità del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

A lungo atteso, il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) entra in vigore il 15 luglio 2022 dopo uno slittamento di due mesi voluto con il PNRR 2 che va ad allinearsi alle misure del codice e alla Direttiva europea Insolvency, il cui termine ultimo per il recepimento è fissato per il 17 luglio. 
Dopo un lungo iter, il nuovo codice va a sostituire il decreto regio della legge fallimentare n. 267 del 1942 legato al concordato preventivo e la disciplina sulla composizione della crisi da sovra indebitamento (legge n. 3/2012). Rappresenta, così, un aggiornamento necessario che porta con sé importanti novità.
Per prima cosa, il legislatore definisce lo stato di crisi  come una difficoltà economico finanziaria, rendendo i due ambiti complementari. Da una parte, l’impresa non può produrre flussi di cassa in modo continuativo e adeguato se non è in grado di generare risultati economici; dall’altra, la redditività aziendale dipende dalla disponibilità dei flussi di cassa. Grazie alla capacità di generare cash flow e alla solvibilità finanziaria dell’azienda si ottiene la fiducia di investitori o fornitori. 
Tra le difficoltà economiche finanziarie si tiene conto sia della valutazione sulla solvibilità nel breve periodo (la normativa fa riferimento a tre-sei mesi) ma anche nel medio e lungo periodo (equilibrio finanziario/patrimoniale) che della redditività di breve e lungo periodo. Nel nuovo testo sono, inoltre, introdotti gli assetti organizzativi delle imprese che vanno aggiornati nel triennio, e la codifica dei segnali di allarme per prevenire la crisi d’impresa, tra cui gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario; gli indici di sostenibilità dei debiti per i sei mesi successivi; le prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o i sei mesi successivi; gli indici di sostenibilità e oneri di indebitamento con flussi di cassa; l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi, i ritardi nei pagamenti reiterati e significativi.

Le fasi di attivazione del Codice della crisi d’impresa

Il Decreto legislativo n. 14 del 2019 a cui fa riferimento il nuovo codice, introduce un percorso per “rientrare” da una crisi articolato in più fasi. Ogni fase ha caratteristiche proprie e deve essere attivata quando si verificano determinate condizioni. Si tratta di una novità rispetto a quanto avveniva in precedenza.

Una prima fase impone ai soggetti interessati, la verifica attraverso un sistema informatico in grado di stabilire informazioni (contabili e extra contabili) tempestive sullo stato di salute dell’impresa.

La seconda fase che si attiva nel momento in cui c’è un assetto organizzativo inadeguato o uno squilibrio finanziario ed economico, prevede il sistema di allerta nei confronti dell’azienda in difficoltà da parte dei diversi organi di controllo (Revisore contabile, Inps o Agenzia delle Entrate) e stabilisce un termine entro cui raggiungere un equilibrio. Gli strumenti di allerta in questo caso legati all’obbligo di segnalazione ma anche nelle diverse fasi legati a informazioni oppure indicatori utili a valutare lo stato di salute dell’azienda, nascono soprattutto come prevenzione. Diffondere una cultura della prevenzione all’interno delle realtà imprenditoriali sia piccole che grandi è fondamentale per il legislatore. 

La terza fase prevede la segnalazione all’Organismo di Composizione della Crisi d’impresa (OCRI) e all’Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento (OCC) con l’audizione del debitore e in base a questa, con la procedura di composizione della crisi che si attiva tramite istanza del debitore.

La quarta fase avviene davanti al Tribunale quando lo stato di crisi persiste anche in seguito ad una fase assistita. Il Tribunale si attiva in modi diversi e in base alle caratteristiche dello stato di crisi.

Crisi d’impresa: l’importanza degli indicatori

L’utilizzo degli indici permette di cogliere in modo tempestivo gli squilibri che portano alla crisi d’impresa. Per poter individuare i più adatti, il legislatore ha delegato il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (CNDCEC) per elaborarli e tenerli aggiornati almeno ogni tre anni. Gli indici si possono dividere tra quelli applicabili a tutte le aziende e quelli per settore oltre a casi specifici come le imprese costituite da meno di due anni o le start up innovative. Il Governo ha approvato a marzo 2022 lo schema di decreto che ha introdotto la definizione degli assetti organizzativi delle imprese e la codifica dei segnali di allarme.

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